«Siamo arci-contenti di essere qui, anzi qualcuno è anche arci-miliardario» esordisce Piero Chiambretti strizzando l'occhio a PierSilvio Berlusconi, che ha accettato di presentare alla stampa, nella storica sede milanese dell'Arci, il fresco sodalizio tra il presentatore e le reti Mediaset. Chiambretti si dice «orgoglioso di portato Piersilvio all'Arci, del resto lui è come Lenin: gli piacciono il comunismo e le donne. Ieri sera però era preoccupato - rivela -, "Non è che poi lì mi menano?" mi ha chiesto. "Forse ci sarà qualche comunista", l'ho rassicurato, "ma abbonati Sky, nessuno, tranquillo". Comunque ci torneremo qui, io, lui e la Toffanin. Altre location inedite? Stiamo studiando di andare tutti al Museo Egizio, la prossima volta. E comunque dopo essere riusciuto in questa impresa mi cimenterò in un'altra missione: portare il figlio di Bossi all'Università» conclude Chiambretti, nell'ilarità generale.
«Essere qui, in una Casa del Popolo centenaria - continua Chiambretti - è una metafora dell'immobilismo della televisione, che al massimo si reinventa, non si inventa più, anche se io sto cercando di portare avanti un progetto di innovazione tecnologia in accordo col Politecnico di Torino, come anni fa quando feci scuola usando oltre gli abituali schemi televisivi la telecamera a spalla, per portare la tv tra la gente. Del resto è la tecnologia che spinge il cambiamento - spiega il conduttore 52enne, vent'anni d'esperienza in rai e cinque a La7 -: se prima la tv era il caminetto elettronico, ora è un terminale attraverso il quale puoi pure fare la spesa e comprare di tutto, anche un'arma e spararti un colpo». Ma se c'è qualcuno che può dare una «bella scossa», come si augura il direttore di Italia1 Tiraboschi, al ristagno di un palinsesto che soprattutto in prima serata va in cerca di «un pubblico che non c'è più, che è morto, come quello di Raiuno» (sono parole di Chiambretti), quello è proprio il Pierino guastafeste della tv.
Il quale, in una conferenza stampa affollatissima, si dimostra in ottima forma e sinceramente felice di aver siglato un contratto biennale - «proposta irrinunciabile - dice Chiambretti -, del resto Raiuno mi offriva i pacchi, Raidue un pacchetto di otto serate e Raitre... beh, quelli non li sento da quindici anni» - per le tre serate settimanali (da martedì a giovedì) di Chiambretti night, il programma che partirà il 20 gennaio («Il giorno in cui Obama va a Washington, io vado a Cologno») su Italia1. Guest star del programma, Abatantuono: «Diego mi aiuterà a decidere chi, nel teatrino televisivo di superospiti, è veramente un numero uno e chi invece il suo tarocco: sarà una forma di smascheramento della promozione dei personaggi televisivi, così come Markette lo era della promozione dei prodotti, dal disco al libro».
«L'approdo in Mediaset è stata una via crucis - rivela il conduttore, transfuga da La7 -, tant'è che il primo programma con loro avrei voluto chiamarlo Travaglio, ma poi mi pareva troppo - aggiunge beffardo -. E' da cinque anni che Piersilvio mi corteggia. Alla fine mi hanno convinto: come Nanni Moretti, tra lo squalo e il caimano ho scelto il caimano. Inoltre condivido la linea editoriale di una rete giovane, moderna e sperimentale, in cui si sperimenta una gran libertà intellettuale. Del resto un uomo non può essere libero se non è padrone di se stesso. E poi non ho mai trovato tanti comunisti tutti insieme come in Mediaset. Dal canto loro una sola cosa mi hanno chiesto: il buon gusto, qualità che peraltro non mi sembra mi sia mai mancata. E io ho avuto un solo vezzo da star: ho chiesto di poter lavorare con il gruppo di Markette, nello stesso studio, nel frattempo lasciato da La7: insomma, ora lavoro per Mediasette!» conclude ironicamente Chiambretti.
«So che pagherò per questa scelta - continua Chiambretti - e che qualcuno già mi considera un venduto. Anche se, diciamolo, D'Alemascrive libri per Mondadori, di proprietà di Berlusconi. Fazio, il comunista pret à porter, conduce un programma prodotto da Endemol, che è di Berlusconi. E Nanni Moretti dice: "Destra o sinistra, basta che mi facciano lavorare". Sono d'accordo con lui: lavorare è sempre meglio che stare a casa. E comunque essere di sinistra ed essere della sinistra sono due cose diverse. D'accordo che la politica entra nella televisione, però io come Gramsci penso che fare un buon lavoro è di per sé un atto rivoluzionario e per quanto mi riguarda il mio senso politico lo uso quando vado nella cabina elettorale. E poi finalmente il Cavaliere - chiosa con una battuta Chiambretti - avrà un conduttore alla sua altezza!».
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