domenica 26 aprile 2009

Cuomo in attesa del suo successo

Operazione Trionfo, torna il vincitore

Negli annali della televisione italiana, Bruno Cuomo resterà per sempre l’unico vincitore di Operazione trionfo, il talent show che Italia 1 lanciò nel 2002 e che non ha mai avuto edizioni successive. La maggior parte dei partecipanti del reality è scomparsa dal mondo dello spettacolo. Bruno è uno dei pochi ad aver continuato nella musica. Nato a Napoli 31 anni fa, lo statuario cantante partenopeo ha una sua teoria sulle ragioni che hanno impedito una nuova edizione del talent show condotto da Miguel Bosè.

Operazione trionfo è un po’ l’antenato di X factor. Perché la vostra è rimasta un’edizione unica?
La finale di “Operazione trionfo” arrivò a picchi del 40% di share, che X factor oggi non fa. La Ventura è una persona intelligente. Ha investito su questo programma, che all’inizio andava male, ci ha creduto e adesso è stata ripagata. In primis perché ha creato un nuovo artista, che è Giusy Ferreri e poi perché ha dato la possibilità di esprimersi a tanti talenti. Se non avessero avuto grande riscontro non l’avrebbero ripetuto. Invece, attraverso i programmi satellite, come il Processo o Quelli che il calcio, la Ventura è riuscita a parlare della trasmissione e a creare l’entusiasmo generale e l’audience giusta. Questo è quello che non ha fatto la Endemol all’epoca, proponendo un format a Italia 1 quando ce n’era uno simile su Canale 5. Mediaset si è fatta concorrenza in casa propria. Il programma poteva essere una valida alternativa ad Amici, se lo avessero prodotto alla Rai. Operazione trionfo fu un grande risultato e la notorietà che ancora oggi conservo è merito della Endemol. La gente mi chiede come mai per noi non c’è stato lo stesso trattamento che c’è con i ragazzi del Grande Fratello, con i passaggi nelle trasmissioni…Per noi Mediaset non è riuscita a farlo.

Prima di fare il programma hai firmato il contratto, in cui…
Nel contratto si parlava di eventuali passaggi. Non c’era scritto “andrete sicuramente lì”. E’normale, ma uno che va a fare un programma con Miguel Bosè, a Italia 1, poco si va a preoccupare di quello che farà dopo. Io non me la posso prendere con nessuno. E’ andata così.

Hai rivisto o sentito qualcuno dei tuoi compagni?
Con qualcuno ci sentiamo. Chi fa musical, un altro fa il fotografo. Giuseppe Russo so che ha aperto una pasticceria. Io sono uno dei pochi ad aver continuato nella musica, però perché la facevo anche prima. Credo di conservare l’umiltà e la voglia di rimboccarsi le maniche. E’ facile perdere la testa quando vinci un programma.

Dopo il programma hai fatto un disco.
La Warner aveva l’esclusiva per l’incisione dell’album del vincitore. Mi fece fare il disco in cinque giorni. Non ebbero la pazienza di trovare la strada giusta discograficamente, sia per me che per gli altri colleghi. Poi venendo meno i partner del programma e la possibilità di veicolare la promozione in tv, non ha investito più di tanto su nessuno di noi. Ora mi chiedo: siamo tutti quanti artisti fallimentari, non all’altezza della situazione? Penso di no, penso che qualcuno abbia sbagliato. Perchè posso capire che in un reality non ha successo il vincitore, ma se nessun altro ha successo c’è qualcosa che non va.

All’estero eri conosciuto.
Anche lì mi trovai da solo. Feci due apparizioni a Barcellona e mi richiamarono, perché ebbi un grosso successo. Avrei dovuto fare un album in spagnolo con la vincitrice di “Operazione trionfo”, solo che non si misero d’accordo con l’etichetta e la Endemol spagnola. Sono sempre esperienze che uno fa, però fai tanto per salire su un treno e ti fanno scendere alla prima fermata.

Come ricordi Operazione trionfo?
Era il Grande Fratello dei cantanti. E’ stata un’esperienza forte. A differenza del Gf, dove litigano per impiegare il tempo, noi litigavamo comunque (ride), però eravamo presi dall’imparare le canzoni, dalla sfida settimanale del mercoledì.

Spesso si dice che nei reality è tutto costruito a tavolino. Tu litigavi sempre con la tua insegnante. Erano litigi veri?
Non credo che i reality siano pilotati. Certo, chi li fa ha bisogno di un gruppo che faccia audience. E comunque con la mia insegnante erano tutte litigate vere. Se mai erano preparate da lei e non da me. Lei entrava e usciva, poteva fingere. Io no, perché i concorrenti non li puoi obbligare a fingere tre mesi. A “Operazione Trionfo” era tutto spontaneo. Magari erano i ragazzi che, sapendo di fare televisione, fingevano, ma, per quanto mi riguarda, se dovevo mandare qualcuno a quel paese, lo facevo perchè lo sentivo.

C’è qualcosa che ricordi con piacere di quell’esperienza?
Ho un bel ricordo di Miguel Bosè: è una persona professionale, un signore. Uso un termine che lui usò con me in trasmissione: hidalgo. E poi sicuramente l’aver cantato con dei grandi artisti. Anastacia riuscì a emozionarsi solo con noi.

Dopo Operazione trionfo cosa hai fatto?
Ho continuato a fare concerti in Campania e ho fatto un po’ di tv e di teatro. Ho provato a partecipare a Sanremo: nel 2004 e nel 2005 ero tra i primi venti. Ora lavoro per una tv locale in un programma che parla di calcio, ma che è anche un contenitore di spettacolo. Prima commentiamo le partite del Napoli e poi c’è l’esibizione. A metà aprile uscirà un nuovo singolo. Si chiama La confusione. E’ un nuovo progetto discografico che vede la collaborazione di alcune radio locali. Tenteremo di lanciarlo anche a livello nazionale. E’ un singolo molto estivo. Il testo l’ho scritto io.

Prima di far musica hai studiato.
Sono avvocato. Ero già laureato prima di partecipare a Operazione trionfo. Sono l’unico laureato ad aver vinto un reality…E anche l’unico napoletano!

Quando è nata la passione per il canto?
Nasce durante l’adolescenza, con il piano bar e le prime serate nei locali e nei villaggi turistici. Poi venne l’occasione del Nôtre Dame de Paris: superai il provino, ma quindici giorni dopo mi presero al talent e optai per la televisione.

Se potessi tornare indietro rifaresti la stessa scelta?
La rifarei tranquillamente e, se avessi una nuova occasione in tv, me la giocherei. Non mi pento di quello che ho fatto, perché l’ho fatto con le mie forze e ho raggiunto un risultato che nessuno ha conseguito. Vincere un reality non è facile. Vivere chiuso in un’accademia per tre mesi, anche dal punto di vista umano e psicologico, non è da tutti.

Viviana Pentangelo, da tg com

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